chiara somajni on 20 Apr 2001 06:45:10 -0000


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Re: <nettime> webzine national censorship in Italy


I invite you to read a less alarming interpretation of the new law - I'm sorry it's in Italian.

(by Annarita Gili, pasted from apogeonline.com)


Part I: I siti con aggiornamento a periodicità irregolare

In questa prima puntata, incominciamo a esaminare le novità introdotte
dalla legge, in riferimento ai siti che non vengono aggiornati con
periodicità regolare.  L'articolo 1 della legge 7 marzo 2001, n. 62 ("Nuove
norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5
agosto 1981, n. 416"), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n° 67, del 21
marzo 2001, definisce come "prodotto editoriale" il prodotto "realizzato su
supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico,
destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni
presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico", con esclusione dei
prodotti discografici o cinematografici. Nella nozione sono, quindi,
inclusi i "prodotti" destinati alla pubblicazione on line.  Il 3° comma
dell'art. 1 aggiunge che ai prodotti editoriali si applicano le
disposizioni dell'art. 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, in base al
quale "ogni stampato deve indicare il luogo e l'anno della pubblicazione,
nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell'editore".
Indubbiamente, un ulteriore comma, contenente l'adattamento di questo
articolo ai prodotti editoriali pubblicati online sarebbe stato opportuno.
Non è chiaro, infatti, quale sia il "luogo" della pubblicazione di un sito
Internet. É, comunque, maggiormente rispondente alla realtà della Rete
ritenere che coincida con il luogo nel quale effettivamente si svolge
l'attività di produzione dei contenuti, piuttosto che con il luogo nel
quale si trova il server, o altro ancora.  Ugualmente, non è chiaro cosa si
debba intendere per stampatore e per editore. Certo  queste figure non
trovano una diretta rispondenza nella realtà di Internet. Visto, però, che
quella che più le si avvicina è il provider, direi che è consigliabile
indicarne la denominazione e la sede legale.  Il 3° comma dell'art. 1 l.
62/2001 aggiunge che, se il prodotto editoriale viene diffuso al pubblico
con periodicità regolare ed è contraddistinto da una testata "costituente
elemento identificativo del prodotto", è anche sottoposto all'obbligo di
registrazione presso la cancelleria del tribunale (art. 5 legge 47/1948).
È quindi chiaro che l'obbligo di registrazione sussiste solo per i siti che
fanno informazione periodica e non, indiscriminatamente, per tutti i siti
Internet. Per questi altri siti, è sufficiente l'indicazione dei dati
indicati dall'art. 2 della legge 47/1948: direi che si tratta di un
adempimento alla portata di tutti, "rapido e indolore".  È, poi, da
escludere che, in caso di mancata indicazione di questi dati, si commetta
il reato di "stampa clandestina", punito con la reclusione fino a due anni
o con la multa fino a 500.000 lire. L'art. 16 della legge 47/1948 è,
infatti, inequivocabile nel parlare di "stampato" non periodico. Essendo la
legge penale tassativa e insuscettibile di applicazione analogica, non è
infatti possibile estendere questa previsione alle pubblicazioni che non
consistono in "stampati".  Perciò, l'allarmismo che, in questi giorni, ha
seminato panico, diffondendo l'errata convinzione che tutti i siti Internet
fossero sottoposti all'obbligo di registrazione, pena l'incriminazione per
il reato di stampa clandestina, oltre ad essere ingiustificato, è entrato
nell'elenco delle "leggende metropolitane", con l'aggravante che si è
diffuso con la rapidità di una "catena di Sant'Antonio". E chi ha
contribuito a creare questo allarmismo, nonostante le dichiarazioni
d'intenti, non ha certo fatto gli interessi della Rete. 

Part two: I siti con aggiornamento a periodicità regolare Riepilogando, l'art. 1 della legge 7 marzo 2001, n. 62 ha esteso la nozione di "prodotto editoriale" ai "prodotti" destinati alla pubblicazione online.  Il 3° comma dell'art. 1 aggiunge che ai prodotti editoriali si applicano le disposizioni dell'art. 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, in base al quale "ogni stampato deve indicare il luogo e l'anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell'editore".  Questa regola si applica a tutti i siti Internet che fanno informazione, indipendentemente dalla loro periodicità.  Riguarda, invece, i soli siti che aggiornano le informazioni con periodicità regolare, la seconda parte dell'art. 1, 3° comma, in base alla quale se il prodotto editoriale viene diffuso al pubblico "con periodicità regolare" ed è contraddistinto da una testata "costituente elemento identificativo del prodotto", è anche sottoposto agli obblighi di cui all'art. 5 l!
egge 47/1948, cioè all'obbligo di registrazione presso la cancelleria del tribunale.  Anche questa norma è particolarmente infelice, in quanto mal formulata. Sul requisito della diffusione con "periodicità regolare" non ci sono molti dubbi. Anzi, l'aver precisato che la periodicità deve essere "regolare" (espressione sinora ignota alle leggi sulla stampa) consente abbastanza agevolmente di escludere dall'ambito di applicazione della norma - e, quindi, da obblighi brocratici per loro forse  troppo gravosi - i siti che fanno informazione a livello non professionistico (e, di solito, privi di giornalisti e di stabile redazione), che in genere aggiornano il sito senza una cadenza fissa.  Molte perplessità, invece, sono sorte intorno al fatto che il "prodotto" deve essere contraddistinto da una testata 
che ne costituisca elemento identificativo. Da alcuni è stato osservato che
la testata non è altro che il nome del sito, il quale ne costituisce sempre
elemento identificativo.  In realtà, "testata" è un termine proprio del
linguaggio giornalistico - che, al momento, non è stato ancora acquisito
dal mondo Internet - e identifica la parte superiore della pagina di un
giornale, nella quale compare non solo il titolo, ma anche il numero, la
data, ecc.  L'interpretazione più verosimile della norma, perciò, è nel
senso che questa debba essere applicata solo a siti che abbiano
caratteristiche di giornali o riviste online o nei quali, comunque, queste
caratteristiche siano prevalenti.  Perciò, se è pacifico che non è soggetto
a registrazione il sito che, per esempio, si occupa di commercio
elettronico, direi che non lo è neanche il sito che si occupa di commercio
elettronico e, contemporaneamente - in genere per avere più audience -
dedica una sezione non preponderante del sito alla pubblicazione di
notizie.  Sarebbe stato meglio, comunque, se il testo della legge avesse
fornito maggiori precisazioni, in modo da evitare ogni dubbio e il rischio
che si formino prassi applicative difformi o irragionevoli.  Per la
registrazione, è necessario che la testata abbia un direttore responsabile.
Il direttore deve essere iscritto nell'elenco dei giornalisti
professionisti o pubblicisti, secondo i casi (art. 46 legge 3 febbraio
1963, n. 69), tranne per le pubblicazioni che "siano organi di partito o
movimenti politici o di organizzazioni sindacali" (art. 47 l.  69/1963) e
per le riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico, escluse
quelle sportive e cinematografiche (art. 28 l. 69/1963).  A proposito
dell'introduzione dell'obbligo di registrazione e di nomina del direttore
responsabile, in questi giorni si è parlato di "censura" e di tentativo di
impedire la libertà di manifestazione del pensiero su Internet.  In realtà,
il tribunale procede alla registrazione sulla base di un mero controllo
formale della regolarità della documentazione presentata, senza effettuare
alcun controllo di merito.  Il fatto, poi, che debba venir nominato un
direttore responsabile non significa certo che, ora, le pubblicazioni su
Internet siano assoggettate a regole - civilistiche e penalistiche - che
prima non operavano. Il diritto di libera manifestazione del pensiero,
previsto dall'art. 21 della Costituzione, ovviamente è uguale per tutti,
così come lo sono i suoi limiti, imposti dalla legge per evitare che
vengano commessi reati. Lo dimostrano le numerose sentenze di condanna per
il reato di diffamazione commesso a mezzo Internet che sono state emanate
sinora in Italia come all'estero, in Paesi nei quali non esiste una legge
simile a quella in esame.  Semplicemente, ora è chiaro che, nel caso con
una publicazioni su Internet siano commessi reati, a risponderne non sarà
solo l'autore della pubblicazione - cosa della quale nessuno sinora aveva
mai avuto dubbi - ma anche, a titolo di colpa, il direttore responsabile
che abbia omesso di esercitare sulla pubblicazione il controllo necessario
a impedire la commissione di reati (art. 57 cod. pen.).  Intanto, mentre un
vasto coro di internauti, in questi giorni, gridava contro una legge
"liberticida", tutte le persone che in questi anni di "felice libertà da
regole" hanno lavorato per pubblicazioni online che avevano tutte le
caratteristiche delle testate giornalistiche, con la differenza che -
grazie appunto a quella "felice libertà" - non avevano potuto ottenere
l'applicazione del contratto giornalistico e il relativo trattamento
previdenziale, la giusta retribuzione degli straordinari, il diritto di
aderire agli scioperi indetti dalla categoria, ecc. hanno finalmente tirato
un sospiro di sollievo.  Ciò non toglie che la legge 62/2001 - almeno per
la parte che riguarda i prodotti editoriali destinati alla pubblicazione on
line - sia alquanto scadente, dal punto di vista tecnico: oltre alla
pessima formulazione, basti pensare al fatto che non sono state nemmeno
previste delle norme transitorie, e molto altro si potrebbe ancora dire.
Tutto questo, però, non ha nulla a che vedere con la libertà di
manifestazione del pensiero su Internet.  

05/04/01 22.07.36, Alessandro Ludovico <a.ludovico@agora.stm.it> wrote:

>Yesterday a liberticide law has been approved by the Italian Parliament.
 <..>

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